Giordano Bruno Guerri ci parla di Homo Sapiens e Spartani, di Hitler e Roosevelt, di filosofie e religioni

Abbiamo voluto fare un po’ d’ordine, nel senso che si sente spesso parlare delle atrocità perpetrate ai danni delle persone con disabilità, sia in tempi antichi che moderni, e al contempo, fortunatamente, ci si rende conto del sempre maggiore impegno che molte culture contemporanee riservano a chi ha difficoltà fisiche e cognitive. Ma che tipo di percorsi sono stati? Cosa ha inciso di più negli orientamenti sociali? Quante efferatezze sono leggenda e quante, purtroppo, verità?
Ne abbiamo parlato con lo storico Giordano Bruno Guerri, giornalista, uomo di grande cultura e, per chi scrive, divulgatore di grande chiarezza. Dal suo ufficio del Vittoriale degli Italiani, di cui presiede la Fondazione, ci ha aiutato a mettere in fila alcuni concetti.
Caro Bruno Guerri, nella Storia umana ci sono società che sono state più spietate di altre con le persone con disabilità, fisica o cognitiva? Ad esempio, tra quelle più “primitive”?
Non abbiamo prove certe, ma è facilmente presumibile che nella preistoria – in ogni area del mondo e in ogni specie di Homo, anche tra i Sapiens Sapiens – i nati con disabilità fisiche venissero eliminati alla nascita. Le specie umane erano infatti almeno sette. Fino alla Rivoluzione agricola di circa 12.000 anni fa pure i Sapiens erano cacciatori-raccoglitori, cioè per lo più nomadi, dovendo continuamente spostarsi alla ricerca di cibo: chi era colpito da disabilità costituiva dunque un problema per il gruppo. Quando le popolazioni divennero stanziali, grazie all’agricoltura, può darsi ci sia stato un cambiamento in senso meno rigido, ma il disabile costituiva comunque un problema per la famiglia e il gruppo sociale; restò il concetto che potesse – o dovesse – venire eliminato.

Passiamo a esempi storici concreti. Si parla molto del comportamento degli Spartani: erano davvero selettivi coi neonati?
È lo storico greco Plutarco, nel libroVita di Licurgo, che racconta la storia dei neonati spartani gettati dal monte Taigeto perché disabili. Ma Plutarco, che visse intorno all’anno 100 d.C., narrava fatti che risalivano a 700 anni prima, quindi non aveva modo di verificarli, come i suoi lettori: da qui la diffusione di quella che possiamo considerare una leggenda. Invece qualche anno fa il professor Theodoros Pitsios – della facoltà di Medicina antropologica dell’università di Atene – fece una ricerca alle pendici del monte e, dopo ricerche e analisi durate anni, non trovò ossa di bambini. Ne ha trovate, piuttosto di adulti apparentemente sani, che probabilmente erano criminali uccisi gettandoli nel vuoto, come si faceva a Roma, dalla rupe Tarpea.
E i Nazisti?
Aktion t-4 è una delle vicende più atroci della storia umana, accaduta non nella preistoria ma poco più di 80 anni fa. Già nel 1925, in Mein Kampf, Hitler aveva paragonato le persone con disabilità a degli aborti fra l’uomo e la scimmia. Appena preso il potere, nell’estate del 1933, venne promulgata la “Legge per la prevenzione di nuove generazioni affette da malattie ereditarie”; in sei anni ben 300.000 tedeschi furono sterilizzati perché affetti da alcune malattie e per la sterilizzazione non era richiesto il loro il loro consenso.
All’inizio della Seconda Guerra Mondiale iniziò Aktion t-4, che aveva due obiettivi: la “purezza” del popolo e il risparmio in cure mediche e di assistenza. All’inizio le vittime furono bambini affetti da trisomia 21, microcefalia, idrocefalia, gravi deformità e paralisi; ufficialmente portati in cliniche specializzate per curarli, venivano uccisi con farmaci o con una dieta poverissima di nutrimenti. Si calcola che il numero delle vittime, fino al 1945, sia stato di almeno 5.000 bambini.
Più o meno nello stesso periodo iniziò lo sterminio degli adulti con disabilità, stavolta con le camere a gas. Più di 250.000 individui vennero uccisi in nome della “purezza del popolo”.
E al contrario, quali sono stati i tentativi in cui si è provato a includere di più tali persone? Quanto hanno inciso le religioni sull’inclusività? Quanto le filosofie?
Prima ancora che con le religioni, l’atteggiamento verso la disabilità cambiò grazie alla scienza: con Ippocrate (460-370 a.C.) si iniziò a vedere la malattia come uno dei tanti fenomeni della natura, e che il danno poteva essere curato riducendo la disabilità.
Tra le religioni, quella che ha certamente più influito benignamente verso i disabili è il cristianesimo, che ha insegnato a trattarli come pari, anzi come meritevoli di maggiore attenzione.
E quanto, religioni e filosofie, incidono al giorno d’oggi?
Molto, attraverso istituzioni, case di cura, assistenza. Ma l’atteggiamento equo, paritario, verso i disabili è ormai entrato anche nello spirito laico e degli Stati.
Periodi di povertà hanno generalmente portato meno possibilità di cura e sostegno per i più fragili e quindi meno attenzione?
Ovviamente sì, come nei periodi di guerra o di crisi sanitaria. Temo che durante il periodo del Covid, come si preferiva abbandonare le cure alle persone più anziane, anche alcuni colpiti da disabilità abbiano subito la stessa sorte.
Come si è motivata, nelle varie società, la diversità cognitiva? Punizione divina? Colpa dei genitori? Sfortuna?
In tutti questi modi, ovviamente sempre sbagliando.
Personalità storiche che hanno inciso tanto sui destini del mondo nonostante disabilità cognitiva o fisica?
Sono numerosissime. Basti pensare che uno dei più grandi oratori della storia greca, Demostene, era balbuziente, che non si arrese mai e vinse la disabilità. Vincent Van Gogh dipinse La notte stellata in un manicomio. Molti sostenevano che Caravaggio fosse pazzo, e lo stesso venne detto di Camille Claudel, di Beethoven, persino di Socrate: perché questi uomini sentivano e pensavano in modo diverso. La loro “disabilità” era, invece, una super abilità. Anche quello che oggi sappiamo essere autismo, veniva spesso considerato una disabilità. Se invece vogliamo parlare di disabilità fisiche, il grande Antonio Gramsci aveva una deformazione scheletrica provocata da un’infezione alla colonna vertebrale. Franklin Delano Roosevelt, fu presidente degli Stati Uniti per ben 12 anni, compresi quelli della Seconda Guerra Mondiale: nel 1921, a 39 anni, fu colpito da quella che si credeva poliomielite, mentre oggi alcuni studi sostengono che si trattò della sindrome di Guillain-Barré: di fatto, la malattia compromise i suoi arti inferiori fino a costringerlo su una seria a rotelle. Per paradosso, fu lui a ottenere la vittoria contro Hitler, che lo avrebbe eliminato come disabile, prima ancora che come nemico.

La Redazione