Che ne sarà di noi

Dopo di noi

La terribile preoccupazione delle famiglie per il futuro dei loro parenti disabili. Dentro alla legge “Dopo di noi” e alle sue criticità pratiche ed emotive.

di Giovanni Barbieri, Enrico Capra, Francesca Cavedoni

E “Dopo di noi”? Nel cuore delle famiglie

di Enrico Capra

Vivere per i propri figli. Frase fatta che assume un significato totalizzante per i genitori caregiver di figli con disabilità.
Di norma, mentre la crescita di un bambino, con la conseguente acquisizione di sempre maggiori autonomie da parte sua, corrisponde ad un alleggerimento delle responsabilità parentali, per i genitori di figli disabili è vero l’opposto. Più questi crescono più richiedono cure e attenzioni e il loro passaggio all’età adulta coincide con la fine del sostegno educativo offerto dalla scuola e con la contemporanea diminuzione dei servizi di supporto e terapia da da parte degli enti locali.
Tutto questo va a gravare su genitori naturalmente sempre più anziani.
È comune percepire nelle loro parole la paura per il futuro dei figli tanto amati ai quali hanno dedicato tutta la loro vita. Questa sensazione di smarrimento può, a volte, essere mitigata dalla presenza nel nucleo familiare di altre figure, magari altri figli, che potrebbero offrire sicurezze per il futuro del parente bisognoso di assistenza.
“Mio figlio mi ha promesso che per il fratello (o la sorella) ci sarà sempre”: più volte abbiamo sentito queste parole, segno di un’unione familiare molto forte che però non è sempre scontata.
Ma altrettanto spesso abbiamo sentito dire da questi stessi genitori che hanno fatto dell’amore e dell’assistenza al figlio più fragile la loro ragione di vita, che gli altri figli hanno il diritto di vivere liberamente, creandosi una famiglia, seguendo magari ambizioni professionali che potrebbero anche portarli lontano.
Queste situazioni non sono mai facili. È perciò la fatidica domanda “e dopo di noi cosa sarà dei nostri figli?” è centrale nella vita di tantissime famiglie.
Possiamo sicuramente dire che il contesto politico-sanitario emiliano investe sensibilità e risorse maggiori rispetto ad altre realtà del nostro paese, tuttavia sempre insufficienti e, il timore di tanti genitori caregiver è che quando non ci saranno più, i loro ragazzi, oramai uomini e donne adulte, vengano parcheggiati in istituti specializzati. Queste strutture, nonostante l’enorme impegno dei professionisti, esercitato spesso in condizioni difficili, non possono garantire le caratteristiche e la qualità del lavoro terapeutico ed educativo offerto dalle famiglie che, in previsione di questo, tra molteplici difficoltà, continuano a lottare per vedere assicurato quel futuro che sia la Costituzione che la legge “Dopo di noi” prevedono per i loro figli.
Il timore per il futuro dei propri cari e il desiderio di poter vedere garantito il loro benessere anche quando loro non ci saranno più è esplicitamente dichiarato da tutti i genitori, tuttavia è difficile immaginare un modello di sostegno e accoglienza generale quando le esigenze dei dei singoli sono così differenti per caratteristiche specifiche e per la diversa gravità delle molteplici forme di disabilità. In ogni caso, qualunque sia il progetto che si intende adottare, è importante che questo venga intrapreso “insieme a noi” e non “dopo di noi” e va condiviso per tempo con tutti i soggetti interessati perché i genitori devono contribuire con la loro esperienza alla continuità di cura dei figli e devono essere soddisfatti del futuro previsto per loro, perché la serenità possa essere una condizione garantita a genitori e figli nel momento della dolorosa ma inevitabile separazione.

Una “legge” da costruire un giorno alla volta

di Francesca Cavedoni

Il “dopo di noi” è un argomento complicato, dalle mille sfaccettature e dalle più svariate implicazioni; quello che è certo è che va maneggiato con grande delicatezza e cura. Perché in ballo ci sono persone, il loro futuro, le aspettative di famiglie che si approcciano con paura ad un argomento di cui si parla molto ma del quale tutto sommato si sa poco o perlomeno si conosce in modo superficiale.

Il “Dopo di noi” è il nome di una legge (Legge 112 del 22 giugno 2016) che si pone come obiettivo la massima autonomia e indipendenza delle persone con disabilità, nell’ottica della tutela della persona e, quando venga a mancare il sostegno famigliare, di inserimento in contesti più simili possibili alla casa famigliare. Ma questo è solo il grande perimetro entro il quale poi si declinano le varie azioni che i servizi territoriali organizzano e coordinano.
Credo che una grande riflessione vada fatta sul rapporto tra “prima, durante e dopo”: non è un gioco di parole ma un necessario focus per poter affrontare la questione.
Il Dopo va costruito, ogni giorno, nel Durante e non nella contingenza di una situazione che dobbiamo affrontare in fretta e che coinvolge persone con disabilità, famiglie, istituzioni, enti pubblici, associazioni, cooperative. La sempre dichiarata “rete” così difficile da costruire e da manutenere. Il pensiero sul futuro, che possiamo fare solo nel presente, deve partire dal passato, dal Prima, da ogni singola storia, non per rivendicarla e imporla, ma per armonizzarla con tutte le altre singole storie e poter scrivere tutti insieme una nuova storia.
Se da un lato quindi sono necessarie politiche e scelte forti per improntare strutture, case, appartamenti, esperienze, sperimentazioni, cosa che spetta all’Ente Pubblico, dall’altro lato è imprescindibile la preparazione alla vita indipendente e all’autonomia, che sono percorsi di pertinenza della famiglia insieme alle associazioni, cooperative, organizzazioni cui afferiscono.

Un mantra educativo è, o dovrebbe essere, che “autonomia non è fare tutto da soli”, e questo vale per le persone con disabilità ma anche per tutti gli interlocutori che sono chiamati in causa: vale per le associazioni/cooperative che devono cercare di superare i personalismi a favore di una visione più ampia e condivisa; vale per le famiglie, che non devono essere lasciate sole ad affrontare temi così sfaccettati ma che vanno ascoltate e accolte con empatia.
Dicevamo all’inizio: il dopo di noi è un tema complesso, che non si può esaurire in poche righe, ma si può iniziare a parlarne in modo serio e realista: ne vale la pena.

Lavoro adesso sul “dopo”

di Giovanni Barbieri

Quando penso al mio futuro mi viene un po’ d’ansia e non so che cosa mi potrà succedere. Quello che so però è che prima o poi il “dopo di noi” coinvolgerà anche a me. E so che la mia famiglia si prenderà cura di me e potrò affrontare questo passaggio insieme ai miei amici.
Sono però consapevole che quello che faccio oggi mi servirà nel futuro e che sono tutti mattoncini che piano piano costruiranno la mia vita.
Le esperienze proposte dall’associazione Meteaperte e dall’Educativa Territoriale mi permettono di sperimentare spazi di autonomia aiutandomi a diventare una persona adulta in grado di gestire la propria vita.
Inoltre il tirocinio presso il bar Salotto Regina mi sta aiutando a diventare più sicuro di me e delle mie capacità facendomi capire l’importanza del impegnino lavorativo per diventare adulto e autonomo.
Infine anche le attività del tempo libero (nuoto, basket, teatro) mi arricchiscono di esperienze ed emozioni.

Riflettendo su tutto quello che sto facendo e in cui mi sto impegnando, un po’ l’ansia si placa e ho la certezza che non sarò mai da solo ad affrontare tutto quello che succederà.