di Francesco Menozzi e Sara Vellani
L’avevamo notata subito nei film di Özpetek. La stiamo seguendo in “Tutto chiede salvezza”. Che bello poter fare due chiacchiere con Bianca Nappi, una delle attrici più intense del panorama italiano.
Ciao Bianca, lieti di conoscerti. Iniziamo così: perché hai deciso di fare il mestiere dell’attore?
Questa è una domanda tra le più complesse a cui rispondere! Ci sono vari motivi: la prima è che fin da molto piccola ho avuto questa grande curiosità per l’arte, per il teatro, per il cinema, che è cresciuta con me. Ero anche appassionata di letteratura, leggevo moltissimo. Ho trovato uno sbocco per questa mia curiosità artistica proprio nella recitazione: ho iniziato da piccola negli spettacoli a scuola, dai quali ottenevo dei risultati molto positivi, poi al liceo ho avuto una professoressa appassionata di teatro che mi ha spronato molto, lei fu la prima a suggerirmi che forse avrei potuto fare della recitazione una professione. E da lì cominciai a provare esperienze anche al di fuori della scuola, e così ha avuto inizio il mio cammino. Il motivo ancora più profondo del lavoro dell’attore è per me anche il bisogno di fare parte di un gruppo, di sentirsi amati, visti. La recitazione non può essere considerata solo a livello professionale, perché riguarda tutto il tuo essere, la tua sfera privata, come sei fatto e come riesci a trasformarti.
Noi due, Francesco e Sara, siamo attori dilettanti da diversi anni, sai dirci qual è la cosa che nel tuo mestiere ti stanca di più, fisicamente ed emotivamente?
Questo mestiere è senz’altro molto stancante, c’è un aspetto di resistenza fisica a cui bisogna abituarsi (ma a cui non ci si abitua mai!): si passano anche dodici o quattordici ore in giro, con il caldo o con il freddo, a volte molte ore sempre in piedi… Emotivamente, una cosa complicata sono poi i periodi di vuoto tra un lavoro e un altro, che da una parte sono essenziali per rigenerarsi; dall’altra però quando un attore non lavora si sente un po’ perso. Mi spiego meglio: il nostro lavoro è esserci, e quando non lavoriamo è come se scomparissimo, come se perdessimo la nostra essenza. È una sensazione a cui con il tempo ti abitui, con cui impari a convivere, perché capisci che è essa stessa l’essenza di questo lavoro, però emotivamente è molto sfidante.
Dato che hai iniziato così giovane, qual è stato il primo lavoro in cui hai ricevuto una “retribuzione” e che ricordo ne hai?
È un ricordo molto piacevole e molto divertente: lo spettacolo si chiamava Clerks, per la regia di Andrea Bezziccheri, spettacolo tratto da un famosissimo film dei Novanta. La messa in scena fu al Teatro Colosseo di Roma, che ora purtroppo non esiste più. Lo spettacolo andò talmente bene che da una settimana di date previste rimanemmo quasi due mesi in teatro! Eravamo tutti attori giovani, e la ricordo come un’esperienza molto viva, sia a livello creativo che umano.
Parliamo del tuo rapporto con il pubblico: cosa ne pensi degli autografi, cioè come ti senti quando lasci il tuo nome scritto alle altre persone?
Intanto mi stupisce che a qualcuno interessi avere un autografo! (ride, ndr). Io da fan preferirei avere una foto con il mio attore preferito… A parte gli scherzi, se mi viene richiesto lo faccio volentieri, se un fan lo conserva e lo colleziona è un modo per tenere un ricordo attraverso la mia grafia, perché no?
Attualmente tu sei il volto di molte serie tv, che noi stiamo seguendo: cosa ti ha convinto a scegliere queste rispetto ad altre?
Innanzitutto ci si sceglie sempre a vicenda: penso sia sempre un incontro con i registi e anche con i personaggi, non sempre infatti in progetti che sono belli ci sono personaggi giusti per te. Mi ritengo molto fortunata perché, negli ultimi anni, anche senza cercarlo assiduamente, ho avuto occasione di partecipare a progetti che poi sono stati molto amati dal pubblico e dalla critica, che hanno avuto motivo di “essere”.
Una nostra cara amica dice che fai sempre il personaggio della burbera dal cuore d’oro…
(ride) Ah ah ah! Ha ragione! Mi conosce bene! Ditele che ha descritto ancor meglio me stessa che i miei personaggi.
Ultima domanda: che rapporto hai con Roma? E fare l’attrice ti ha portato in giro per il mondo?
Verso Roma ho un rapporto di amore totale: pur non essendo la mia città di origine mi ha accolta quando avevo diciotto anni, è la città dove mi sono formata. Dovunque vada, quando torno a Roma io mi sento a casa… È una città con tante criticità, ma, a differenza di molti romani “autoctoni”, che vogliono andarsene, io continuo ad amarla e sostenerla.
Il mio lavoro fino ad ora non mi ha portata in giro per il mondo quanto vorrei, ma mai dire mai, mi auguro che accada! Anni fa ho avuto la fortuna di recitare al teatro di Epidauro, in Grecia, un’esperienza meravigliosa, poi qualche piccola esperienza a Vienna… Insomma qualche incursione in terre che non sono le mie ne ho fatte, sempre esperienze molto arricchenti, che ti fanno capire che tutto il mondo è paese, che tutti gli artisti si assomigliano, che le dinamiche sono le stesse: spero di poterne fare di più in futuro!
Te lo auguriamo! Bianca ti ringraziamo, è stato un grande piacere parlare con te, in bocca al lupo per i tuoi progetti futuri!